La montagna dalle sette balze. by Merton Thomas -

La montagna dalle sette balze. by Merton Thomas -

autore:Merton Thomas - [-, Merton Thomas]
La lingua: ita
Format: epub
Amazon: B00B4HDD52
editore: Milano, Garzanti
pubblicato: 1951-01-02T00:00:00+00:00


5.

Le mie letture si fecero sempre più cattoliche. Mi immersi nella poesia di Hopkins e nei suoi diari, in quella poesia che sei anni prima mi aveva fatto solo qualche impressione. Ora mi interessava profondamente anche la vita di Gesuita dell'autore. Com'era questa vita? Che facevano i Gesuiti? Che faceva un sacerdote? Come viveva? Non sapevo neppure dove incominciare a cercare cose del genere, ma esse ormai esercitavano su me una misteriosa attrazione.

Poi accadde una cosa strana. Avevo ormai letto due o tre volte l'Ulysses di Joyce. Sei anni prima, durante una di quelle vacanze invernali a Strasburgo, avevo tentato di leggere il Ritratto dell'Artista, ma mi ero arenato nella parte sulla crisi spirituale. Qualcosa in quelle pagine mi aveva scoraggiato, annoiato e depresso. Non avevo nessun desiderio di leggere cose del genere, e alla fine avevo abbandonato il libro nel mezzo della «Missione». Strano a dire, durante quell'estate, prima, credo, di andare nella chiesa del Corpus Christi, rilessi il Ritratto dell'Artista, e rimasi affascinato esattamente da quella parte del libro, dalla «Missione», dalla predica del sacerdote sull'inferno. Ciò che mi fece impressione non fu la paura dell'inferno, ma l'abilità con cui era condotta la predica. Invece di provare ripugnanza al pensiero di quel modo di predicare (forse tale era l'intenzione dell'autore), ne trassi incitamento ed edificazione. Lo stile con cui si esprimeva il sacerdote del libro mi piacque per l'efficacia, la solidità e l'energia; e c'era poi qualcosa di soddisfacente nel pensiero che questi cattolici conoscevano quello in cui credevano, e sapevano insegnarlo, e lo insegnavano tutti e lo insegnavano con ordine e con efficacia. Fu questo che più dell'argomento dottrinale mi colpì allora, prima cioè che avessi ascoltato la predica nella chiesa del Corpus Christi.

Continuai così a leggere Joyce sempre più affascinato dalle figure dei sacerdoti e dai quadri di vita cattolica che di quando in quando prendevano rilievo nei suoi libri. E sono certo che molti troveranno questo fatto stranissimo. Credo che, da parte sua, Joyce intendesse semplicemente ricostruire, con la maggiore obiettività e vivezza possibili, la Dublino che aveva conosciuto. Era certo acutissimo nello scoprire le colpe della società cattolica irlandese, e non aveva nessuna simpatia per la Chiesa che aveva abbandonato, ma nella sua intensa lealtà alla vocazione artistica per la quale l'aveva abbandonata (e le due vocazioni non sono per se irriconciliabili; divennero soltanto tali per le speciali circostanze soggettive del caso Joyce) egli intendeva essere il più accurato possibile nel ricostruire il suo mondo quale era veramente.

Leggendo Joyce, io mi movevo quindi nella sua Dublino, respiravo l'aria dei suoi bassifondi materiali e spirituali. Non era sempre il lato più cattolico di Dublino che egli dipingeva, ma sullo sfondo c'era la Chiesa con i suoi sacerdoti e le sue devozioni e la vita cattolica in tutte le sue sfumature, dai Gesuiti giù sino a quelli che si afferravano soltanto all'orlo della veste della Chiesa. Ed era quello sfondo che ora mi affascinava, insieme alla tempra di tomista che una volta era stata nello stesso Joyce.



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